Il sogno è completo. Non finito.

Il sogno di Cristina – Cosimo Brunetti

Ecco l’ennesimo regalo ricevuto da Faintly Falling.
Mesi di illustrazioni, foto, musica. E adesso il video breve ma completo del sogno di Cristina.
Bello, no?

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Quando torna la neve (ovunque sia)

Qualche settimana fa, dopo aver vissuto in questa casa di corte per ‘appena’ sette mesi, mi sono resa conto di non avere il forno.
Oggi, con lo stesso tardivo candore, mi accorgo che siamo a dicembre.
Se proprio sino ad ora non me ne ero fatta una ragione, adesso non ho altra scelta.
Non l’ho capito tanto dal freddo che, anche qui al Sud, prima o poi arriva. Diciamo che il sospetto mi è sorto dalla neve che è tornata a cadere… sull’interfaccia di questo blog.
E che inverno sia, va bene così. Abbiamo iniziato a camminare, portandoci tutti dietro questa storia, le sue epifanie, le sue tisane e i suoi incontri, che era inverno. Anzi, che era dicembre. Sì, siamo prossimi al nostro secondo compleanno.
Al momento in arrivo un catalogo cartaceo delle presentazioni e delle opere (video, illustrazioni, fotografie, racconti e via dicendo) nati ispirandosi a Faintly Falling – il rumore della neve e alle presentazioni fatte in questi due anni.
Poi, dal momento che mi circondo sempre solo da folli che mi danno spunti nuovi, non escludo a breve un’edizione in inglese per e-book, un’edizione illustrata, un’edizione in braille (i tre fenomeni temo non potranno, per ovvie ragioni, manifestarsi contemporaneamente).
Da non escludere, un’edizione con finale splatter, un musical ispirato, un’opera lirica liberamente tratta o la costruzione di una casa in toscana in cui, diremo in giro, hanno vissuto Laura e Cristina.
Insomma, dobbiamo pur farlo passare questo inverno.
Tanto per restare con i piedi per terra, visto che siamo giunti alla conclusione che si avvicina il Natale, vi suggerisco una bella strenna per gli affetti più cari (se il libro vi convince) o per chi vi sta antipatico (se pensate sia una palla colossale).
Se lo avete letto e vi è piaciuto, fatelo leggere ad altri. Se non vi è piaciuto… vi sembra giusto che la fregatura la prendiate solo voi?
Se non ne sapeta abbastanza, spulciate un po’ nel blog & Enjoy the snow.

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Di stazione in stazione. Come un treno (a vapore).

Non so perchè ci ho messo tanto prima di salutare e ringraziare tutti quelli che sono stati con me all’ultima tappa di “Faintly Falling”, al KM97, lo scorso 11 luglio.
Anzi forse lo so (… niente, proprio non ce la faccio a capire che non tutto ha una spiegazione. Non cambierò mai, dannazione): mi sembra di chiudere qualcosa, una parte di un percorso. E non è mai facile, soprattutto quando è durato anni, ha comportato tanta fatica ed è stato bello. Sempre e comunque e nonostante tutto.

La mostra fotografica (con reading annesso) “Di stazione in Stazione” è stata un modo per parlare non del Rumore della Neve, ma delle persone che questo rumore lo hanno ascoltato con me, per tanto tempo.

E ogni volta che pensavo al titolo della mostra/reading, mi veniva in mente la canzone
“I Treni a Vapore” (… ma va?) scritta da Fossati e interpretata da Fiorella Mannoia.

Lasciamo stare il testo, giusto per non scadere nell’ovvio, cosa che faccio spesso. Ma questa cosa di andare di Stazione in Stazione, per un libro quanto per uno scrittore, quanto per una persona è davvero bella. Normalissima, ma bella.

Ultima persona incontrata sul cammino di questa storia, Monica Romano, fotografa per diletto (e quindi seriamente, come solo le cose fatte per gioco possono essere).
E poi gli amici di SUM e del Chilometro 97. Pazienti, disponibili… sempre di corsa.
Come quei treni che vedono ogni giorno passare sul binario che alcuni pensano sia abbandonato (tipo io e Monica mentre scattavamo fotografie… vabbé).

Se ci saranno altre tappe? E chi lo sa?
Per adesso ci godiamo il viaggio. Come su un treno a vapore, scomodo e lento forse.
Ma sempre treno è. L’importante è che cammini. L’importante è togliersi dal binario quando sta per passare, cosa che spesso ci guardiamo bene dal fare (vero Monica? 🙂 ).

Sabrina

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Sempre occhi, sempre famiglia, sempre i percorsi strani della vita

Mi chiedevo come mai la Fondazione Città del Libro avesse deciso di presentare Faintly falling – il rumore della neve, assieme al libro di Vittoria Coppola “Gli occhi di mia figlia” (Lupo editore). Due tipologie diverse di pubblicazione, due diversi periodi storici trattati, due percorsi narrativi differenti.

Ho smesso di chiedermelo ed è stato tutto più chiaro dopo aver letto il libro di Vittoria, qualche giorno prima della doppia presentazione a Campi Salentina, presso la vineria La Coira (consigliata agli amanti del buon vino sorseggiato in uno scenario urbano splendido).

La storia tratteggata da Vittoria ha una doppia radice geografica, come nel caso di Faintly Falling. Dalla Toscana a Parigi nel suo caso, dalla Toscana a Dublino nel mio. La città è scenario e archetipo di scelte importanti, dolorose. Il territorio accompagna il percorso esistenziale dei personaggi principali e li allontana o riavvicina dai legami familiari.

Legami che diventano a volte catene. Amori così profondi che rendono più ciechi della cecità stessa.
E poi, gli occhi. Altro nucleo centrale dei due romanzi.
André, personaggio di “Gli occhi di mia figlia” dipinge occhi tristi. Come quelli verdi di Laura, come quelli bui ma lungimiranti di Cristina. La cecità, come parametro interiore più che meramente fisico, ritorna in entrambe le storie. Chi vede davvero? Chi ha una visione e una percezione più lucida della realtà tra tutti i personaggi.

Io e Vittoria avevamo iniziato a discuterne assieme alla giornalista Marcella Negro, prima ancora dell’inizio ufficiale delle presentazioni.
Poi il discorso si è spostato gradualmente sugli anni Ottanta, su Lady Oscar e i manga giapponesi. Sarà meglio Candy Candy o Georgie (io Georgie non l’ho mai retta…). Ma qual è il vero finale di Candy? Quanto ci ha tolto la censura della tv per ragazzi degli anni Novanta?
E poi, che bell’ombretto che aveva Marcella! (troppo simpatica Marcella, davvero bello chiacchierare con lei). E vogliamo parlare degli occhi di Vittoria? Ci sarebbe da scrivere un libro solo su quelli!

Poi, la conversazione amabilmente aulica e triviale allo stesso tempo che può nascere solo tra tre donne che hanno due libri in comune si è dovuta interrompere momentaneamente.

Mettiamo un attimo da parte le cose serie. Si passa ai romanzi.

Grazie a Coira, Fondazione Città del Libro e Lupo Editore per la splendida serata.

Ulteriore elemento. Non indispensabile ma curioso. Sia io che Vittoria abbiamo un debole per lo sguardo di Claudia Cardinale.

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A Brindisi tra il serio e il faceto.

Inizio a pensare che una presentazione in quel di Brindisi non possa che essere un successo. Sarà la città particolarmente vivace e curiosa, sarà che con due organizzatrici come Cesira e Augusta le cose non possono che essere perfette, ma tant’è.

Ecco una piccola fotostoria della serata dello scorso 15 aprile. Grazie a Monica Romano per questi bellissimi scatti.

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Voce narrante. Narratore onnisciente. Quarta persona singolare.

Facendo un veloce calcolo mi rendo conto, a un giorno dal reading brindisino, che su un totale di otto tappe di Faintly Falling, quattro sono state reading (Samarate, Milano, Brindisi e Pisa).

In queste letture recitate, io prestavo sempre voce ad una delle due protagoniste e, con me, altri compagni di viaggio hanno dato espressione e vita a quelle che altrimenti sarebbero state solo parole.
E a questo giro? Domani a Brindisi, presso la vineria Susumaniello, si terrà un readig ma la voce sarà solo una. La mia.

Per forza di cose sono dovuta uscire dai personaggi e recuperare le parti del testo più interessanti, che raccontano la storia dal di fuori. Non parlerà Laura, né Cristina. Non parlerà James.

Non ci avevo pensato ancora, prima di adesso. Strano, ma interessante.
Mi rendo conto che, in quello che ho definito un romanzo a tre voci, lo spazio riservato al narratore onnisciente non è poi così limitato. Credeva di sapere molte cose, quel narratore (narratrice, per essere precisi). E invece, in oltre un anno di viaggio, il così detto “onnisciente” ha scoperto che di quei tre personaggi c’era ancora molto da capire.

Non sono affatto certa che domani sera sarò in grado di dare una tinta definita ai personaggi e alle loro storie davanti agli avventori della vineria. Oltre alle parole ci proveremo con la musica (ci sarà anche quella) e con le immagini (ci saranno anche quelle).
E poi, in veste inedita, una voce che torna a narrare.
Mi vedo così, io di fronte a loro tre, Laura, Cri e James. Loro sono assieme, io resto fuori e li descrivo, come quando li ascoltavo parlare per scrivere la loro storia.
Loro sono assieme e io lì, al di fuori, a fare quarta persona, singolare.

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Non é che neve. O no?

Crederei nei segni, se solo fossi in grado di decifrarli. Ma tutte le volte ci perdo la testa e non arrivo da nessuna parte.

Tutte le volte che c’é un elemeno o  un segnale ricorrente al quale vorrei cercare di dare un nome, ecco che la parte di me che rifiuta ogni definizione (una parte tanto piccola quanto fastidiosa) cerca di dirmi che mi sto concentrando su cose senza senso.

Ora, prendi la neve. Passi per le nevicate milanesi di novembre e dicembre, cosa tutto sommato normale, mi torna anche in mente la coltre bianca sulle colline torinesi a gennaio. La mia amica Alice ci si gettava dentro come una bambina (impazzita). Io la guardavo divertita, ma preferivo non toccarla, quella neve.

E poco, pochissimo tempo dopo ho deciso di tornare al Sud. E oggi é aprile, e qui al Sud, dove sono io, nevica.
Neanche oggi l’ho sfiorata quella neve, che cadeva neanche tanto lentamente. Anzi, cadeva incazzata come non mai. Che stia cercando di dirmi qualcosa che io proprio non capisco?
Mi sono chiesta quasi tutto ormai su James, Laura e Cristina. E sulla neve, cosa dovrei chiedermi?

Forse nulla. Meglio dormire, tanto domattina sará giá sciolta. Sará come averla solo sognata.
Alla fine, é solo neve. O no?

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Un posto chiamato casa

Is this the place to call home?

Un ragazzino con i piedi scalzi lo chiedeva a James, osservandolo da sotto la sua finestra, dopo il suo rientro a Dublino.
Come è stato, per James, andar tanto lontano e sognare sempre la sua terra come fosse un paradiso perduto, per poi tornare e ritrovarsi all’immancabile appuntamento con se stesso senza saper rispondere ad una domanda così banale?

Il coraggio lo aveva trovato, le parole per spiegarlo e spiegarselo anche. E adesso? Perché lasciava la valigia ancora piena della sua vita ai piedi del letto?

Ecco, adesso vorrei che James fosse qui a darmi delle risposte. Ma ormai James lo conosco, é bravo a fare domande, per le risposte é meglio lasciar perdere. E poi, quando lo si cerca non lo si trova mai.

Meglio rimandare, anche perché adesso, fuori da questo treno scorre il mare e non me lo voglio perdere.

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E poi un giorno torniamo

E poi un giorno torniamo. E non è un atto di coraggio anche tornare indietro?

Se lo chiedevano i tre protagonisti di Faintly Falling durante una delle loro lunghe conversazioni sul divano, mentre fuori la neve bloccava tutto. Ed era come se nei loro discorsi l’ineluttabilità del ritorno in “un posto chiamato casa” riguardasse solo il percorso di James, lo straniero etereo e in fuga come il vento dell’Ovest. Ma il coraggio di tornare, come quello di partire, non lascia scampo e non può risparmiare le sue conseguenze anche a chi ne viene semplicemente a contatto. Le due sorelle, dopo la partenza di James non sarebbero più potute restare sul loro divano, nella loro casa.

Io lo capisco oggi, più che quando me lo ha raccontato James. Lo leggo stasera nello specchio più che 15 anni fa, mentre leggevo Eveline. La paura di partire ti inchioda le gambe, quella di tornare ti lega il cuore e l’anima.

E slegare l’anima é il gesto piú complesso e forse quello con piú conseguenze.

Il motivo non lo sapeva James, che ha girato il mondo, perchè mai dovrei saperlo io?

Ma per me come per James ad un certo punto é finito l’inverno, è arrivato aprile, il mese piú crudele e allo stesso tempo il piú bello. Perché é il momento delle decisioni e decidere é comunque e sempre una buona idea. E anche prendere un treno.

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Per caso, ma mai troppo per caso (come nella vita)

Oggi, neve su Milano e gelo su buona parte dell’Italia. Sabato scorso a Lecce pioveva.
Pioveva mentre due donne dalle chiome folte in maniera imbarazzante, una biondissima (Cecilia Pavone), l’altra corvina (la sottoscritta), assieme ad un uomo con una grossa tela bianca in mano (Cosimo Brunetti), camminavano per le strade del labirintico centro storico, in cerca di porte aperte, chiavi smarrite, chitarre acustiche.

Le porte ci sono state aperte dagli amici del circolo Zei, la chitarra acustica è stata fornita dall’ottimo poeta, pittore e menestrello Paolo Bisceglia. Il resto lo abbiamo messo noi, insieme ai passanti, alcuni lì per caso, altri per abitudine, altri per invito.

Per uno scherzo del destino, dei trasporti, degli scioperi di un paese in tumulto da secoli, le tele di Brunetti non sono giunte a destinazione per quella che doveva essere la serata inaugurale della sua mostra “All’aqua torna”. Giungono notizie che oggi invece siano arrivate per cui invito tutti coloro che ne avranno la possibilità, a passare dal circolo Zei per vedere questi quadri, tra i quali anche alcuni ispirati a “Faintly Falling – il rumore della neve”.

Per clemenza del destino, almeno una cosa preventivata è avvenuta, ossia la proiezione del video che ripropongo in questa pagina, ispirato a Cristina di Faintly Falling, illustrato da Cosimo Brunetti e musicato da Francesco Massimi. Io ci ho messo le (poche) parole.

Al resto della serata, Cecilia ha prestato le sue, di parole. Interessante capire se ho ancora qualcosa di inesplorato da dire su questa storia. Ancora di più, capire se lei ha qualcosa da dire su di me, ma questa è un’altra storia.

Finito di parlare, si è attaccato a suonare. E a dipingere. E a bere e a ridere.

Le belle serate capitano anche quando piove ed è inverno (e il peggio dell’inverno deve ancora venire, dicono). Per fortuna o per sfortuna, per clemenza del destino, per caso ma mai troppo per caso, come nella vita.

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